Antinutrienti: cosa sono, dove si trovano e come ridurne l’impatto

Mangiare in modo sano, variato e ricco di nutrienti è il primo passo per stare bene: la frutta apporta vitamine, la verdura è ricca di antiossidanti e sali minerali, i legumi forniscono proteine vegetali, mentre la frutta secca e i cereali integrali regalano fibre e acidi grassi buoni.

Ma siamo davvero certi che tutte queste sostanze vengano assorbite al 100% dal nostro organismo? E siamo sicuri che gli alimenti sani non nascondano, al tempo stesso, composti che possono interferire con l’assorbimento dei nutrienti?

Ecco dove entrano in gioco gli antinutrienti: composti presenti naturalmente nei cibi – soprattutto vegetali – capaci di limitare la biodisponibilità di vitamine e minerali. Non sono tossici, né vanno eliminati dalla dieta, ma è utile conoscerli per gestirli al meglio.

Di seguito vi propongo un breve viaggio attraverso le insidie del cibo (sì, anche quello sano), per riconoscerli e limitarli.

Cosa sono gli antinutrienti?

Gli antinutrienti sono sostanze presenti in molti alimenti, in particolare vegetali, che possono ostacolare l’assorbimento di minerali come ferro, zinco, calcio e magnesio o di alcune vitamine. Sono una sorta di “doppia faccia” del cibo: proteggono la pianta e, in alcuni casi, hanno anche effetti benefici sull’uomo, ma se assunti in eccesso o in modo scorretto possono interferire con una nutrizione ottimale.

Vediamoli insieme.

Fitati e acido fitico: che ruolo hanno

I fitati, o acido fitico, sono tra gli antinutrienti più noti. Sono presenti in frutta secca, legumi e cereali integrali, in particolare avena e mais, e tendono a legare (chelare) i minerali rendendoli meno disponibili per l’assorbimento intestinale.

In natura, sarebbe paradossalmente un meccanismo protettivo: il ferro (uno dei minerali maggiormente chelati) se libero, e presente in eccesso nel corpo, è tossico; legandolo, questi impediscono che il minerale danneggi i tessuti e le cellule. Tuttavia, soprattutto in chi si allena, si creano continuamente microlesioni al muscolo (quindi microsanguinamenti costanti), e difficilmente il ferro può essere in eccesso. Anzi, nel tempo può verificarsi uno stato di anemia cronica (frequente nello sportivo).

Il rischio aumenta ulteriormente per gli atleti che seguono una dieta vegetariana o vegana, in cui il ferro assunto è di tipo non-eme, meno biodisponibile rispetto a quello di origine animale. Inoltre, trattandosi di regimi alimentari ricchi di alimenti vegetali, il consumo di cibi contenenti fitati è generalmente superiore alla media. Nelle donne, a questo si sommano situazioni fisiologiche come ciclo mestruale, gravidanza o allattamento, in cui il fabbisogno di ferro aumenta sensibilmente, rendendo più frequente il rischio di anemia da carenza di ferro. Come risolvere il problema?

Per approfondire: Ferro, dieta vegetale e anemia

Come ridurre i fitati nella dieta

Ridurre l’effetto dei fitati è possibile con tecniche semplici e alla portata di tutti:

  • Ammollo: lasciare legumi e cereali in acqua per almeno 8 ore, cambiando l’acqua più volte, riduce significativamente i fitati. Può aiutare aggiungere aceto di mele o succo di limone.
  • Fermentazione: alimenti come miso e tempeh, derivati fermentati della soia, contengono meno fitati.
  • Lievitazione naturale: i prodotti da forno realizzati con pasta madre sono più digeribili rispetto a quelli con lieviti industriali.
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Ossalati e assorbimento del calcio

Gli ossalati sono antinutrienti che si legano principalmente al calcio, formando ossalato di calcio – composto responsabile della formazione dei calcoli renali. Alimenti come spinaci, barbabietole, cacao, melanzane e peperoni verdi ne contengono quantità significative.

Come ridurre questi antinutrienti? La cottura in acqua con aggiunta di aceto può diminuire la concentrazione di ossalati, rendendo questi cibi più sicuri soprattutto per chi ha predisposizione ai calcoli o insufficienza renale.

Tannini: cosa sono e dove si trovano

I tannini sono polifenoli presenti in bevande come , caffè e vino rosso, ma anche in cacao e alcuni frutti. Anche loro limitano l’assorbimento del ferro. La strategia migliore, in questo caso, è consumare queste bevande lontano dai pasti, evitando di assumerle insieme a integratori vitaminici o pasti ricchi di minerali.

Isotiocianati e tiroide: attenzione alle crucifere?

Gli isotiocianati sono composti presenti nelle crucifere (broccoli, cavoli, verze, rape). Hanno proprietà antitumorali, ma possono interferire con l’assorbimento dello iodio, fondamentale per la salute della tiroide.

In soggetti sani, consumare crucifere con moderazione e alternandole ad altre verdure non comporta rischi. Per inattivare notevolmente l’effetto, ancora una volta, cottura e acidità sono la soluzione (e vi garantisco che grazie alle gocce di limone, il caratteristico odore non proprio invitante dei broccoli risulterà molto attenuato!).

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Solanina: cos’è e dove si trova

Un altro antinutriente è la solanina. La solanina è un alcaloide tossico che si trova nelle solanacee: patate, pomodori, melanzane, peperoni. In alte quantità può essere pericolosa, ma nella dieta quotidiana è raro assumerne dosi dannose.

Patate

Per le patate vale il discorso più invecchiano, più solanina concentrano. Un no deciso quindi a patate con i primi segni di germogli, o raggrinzite nell’aspetto, o ancora con parti verdognole. Mai crude. La cottura permette di inattivare gran parte della solanina.

Pomodori e melanzane

Qui invece vale l’opposto del ragionamento fatto per le patate: il contenuto di solanina è inversamente proporzionale alla maturazione. Quindi pomodori ben maturi avranno meno solanina rispetto a quelli ancora acerbi.

Ancora una volta, con la cottura possiamo ridurne la concentrazione. Per il pomodoro, la cottura porta un doppio vantaggio: inattivazione di parte della solanina, e attivazione e ottimizzazione dell’assorbimento del licopene, un antiossidante contenuto in abbondanza nell’ortaggio, che al contrario di tutti gli altri, si attiva al calore.

Avidina e biotina: un caso da cucina

Questa voce interesserà molto a sportive e atleti – vediamo perchè. L’avidina è una glicoproteina presente nell’albume d’uovo. Si chiama così per la sua caratteristica di essere “avida” di vitamina B7, o vitamina H (biotina). Il legame impedisce quindi l’assorbimento della vitamina da parte del nostro intestino. Come fare? Ancora una volta, il segreto è…la cottura! Cuocete sempre i vostri albumi e inattiverete l’avidina.

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Istamina e combinazioni alimentari

L’istamina è una molecola coinvolta in reazioni infiammatorie e allergiche. Alcuni alimenti (come formaggi stagionati, pesce conservato, insaccati) ne sono ricchi, altri – come le fragole – sono istamino-liberatori, cioè stimolano il rilascio di istamina già presente nell’organismo.

Normalmente, in un individuo sano che non sia interessato da allergie specifiche, l’istamina causa problemi solo se si assumono dosi importanti di cibi connessi ad essa. La cosa su cui vale la pena soffermarsi, è l’assunzione ravvicinata o concomitante di cibi ricchi di istamina, e cibi che la liberano.

Facciamo un esempio, utilizzando un amico immaginario di nome Bill.

Bill adora i formaggi fermentati (cibi ricchi di istamina), e una sera a cena se ne concede una bella porzione. Dopo un’oretta, per chiudere il pasto, gli viene voglia di mangiarsi anche una coppa di fragole (cibi fortemente istamino liberatori). Risultato? Bill si ritrova con arrossamento cutaneo, e un forte senso di pizzicore alle mucose (bocca, gola). Cos’è capitato? Con i formaggi, Bill si è fatto un bel pieno di istamina; successivamente, mangiando le fragole, queste hanno stimolato la liberazione dell’istamina che l’uomo stesso può produrre, la quale si è aggiunta alla quota assunta coi formaggi. Bill ha dunque pensato di essere allergico alle fragole, ma (seppur certe persone sviluppino davvero allergia agli alimenti) in questo caso può anche non essere così. Semplicemente, troppa istamina, dovuta al fatto che non ha badato (o forse non li conosceva) agli abbinamenti dei cibi.

Bill dovrà provare a consumare fragole lontane da alimenti ricchi di istamina, e vedere cosa succede.

Istamina - Tabella istamina

Gli antinutrienti fanno davvero male? No, con le dovute precauzioni.

La risposta è no, gli antinutrienti non fanno male di per sé. Possono interferire con l’assorbimento di alcuni micronutrienti, ma solo in casi particolari o se consumati in quantità eccessive. Anzi, molti di questi composti hanno anche effetti benefici: azione antiossidante, anticancerogena, regolazione metabolica.

Ammollo, cottura, fermentazione e acidificazione sono strumenti utili per ridurne l’impatto. Ma la vera chiave è la varietà nella dieta: alternare alimenti, combinare correttamente i pasti e conoscere ciò che si mangia permette di beneficiare del meglio dei cibi vegetali, senza rischi.

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